Julian Assange case: justice or a threat to freedom of speech?

Julian Assange seems to be a never-ending story and it is having a great impact on the public opinion concerning the importance of  freedom of speech.

Sara D’Aquanno, 15th April 2019, Brussels

The latest episode of the Julian Assange saga

WikiLeaks founder Julian Assange was arrested by the British Metropolitan Police in London, on the 11th of April 2019 and then was taken to court for skipping bail on the 16th of December 2010. He had been in the Ecuadorian embassy in London since 19th of June 2012, after seeking asylum there to avoid extradition to Sweden on a rape allegation. Ecuador’s decision to allow the police to arrest the journalist inside its embassy followed a vivid and acrimonious period in which relations between the current Ecuadorian president Lenin Moreno and the WikiLeaks founder have increasingly become hostile. The arrest is a result of many episode sequences: it is a story that has started in 2010 and that is still going on today. The arrest of the journalist has aroused several reactions. On one side, those in favour of it such as the Prime Minister Theresa May and the foreign Secretary Jeremy Hunt, on the other side those against the arrest such as the Press Freedom Organisation Reporters Without Borders, the Australia’s Foreign Minister Marise Payne, and the actress Pamela Anderson who has visited the embassy to support Assange. Those different kinds of reactions throw light on freedom of speech and it begs the question where the threshold is, beyond which a journalist lose his right to speak out and do his work.

The beginning: the partnership with Chelsea Manning

The story began a long time ago. Assange created WikiLeaks in 2006 with the aim of spreading confidential information, characterising his site and himself as whistle-blowers. In particular, the organisation became famous four years later with the publication of documents related to the behaviour of US soldiers in Iraq, Afghanistan and the living conditions of Guantanamo Bay prisoners. At that time, Assange was working with Chelsea Manning, a former US intelligence analyst. She disclosed more than 700,000 confidential documents, video and diplomatic cables to WikiLeaks. In particular, she downloaded four databases from US departments and agencies between January and May 2010. Those documents were provided to the anti-secrecy website. According to the US Justice Department, this is one the largest breaches of classified information in the history of the United States. Manning has since faced legal consequences: she was arrested in 2010 and she tried to defend herself saying that she only did this in order to promote a public debate on foreign policy. Nevertheless, Manning’s actions have jeopardized the safety of a large number of people. She was accused of espionage and found guilty by a court martial in 2013. Then, President Barack Obama commuted the final 28 years of Manning’s 35-year sentence in December 2017, dating from her arrest in 2010, in his last days in office. Regarding Assange, he has been accused by the state of Virginia of conspiring with Manning to access classified documents on Department of Defense computers. The journalist faces up to five years in jail, in the USA.

Sexual assault allegation

In 2010, two Swedish women accused Assange of rape. In particular, they claim that he had forced them to have unprotected sex. These allegations stem from a visit that Assange made to Stockholm a few months after WikiLeaks gained international notoriety by publishing material leaked by Chelsea Manning. Assange denied these allegations, but a court in England, where he was living at the time, ruled that he should be extradited to Sweden to face investigation. In consequence, he sought political asylum in London’s Ecuadorian embassy. Now that he has been arrested, Swedish prosecutors are considering reopening the investigation. If so, then both Sweden and the USA seek the extradition and this means that the U.K. will have to make the final decision.

Freedom of speech in jeopardy

Assange’s lawyer Jennifer Robinson said they will oppose the extradition request. She stated that it is a “dangerous precedent” where any journalist could face US charges for “publishing truthful information about the United States”. In fact, Assange has portrayed himself as a champion of a free press. He has always stated that WikiLeaks is a journalistic project protected by freedom of the press laws. In fact, in 2007 a U.K. tribunal recognized WikiLeaks as a “media organization”. Nevertheless, he could be prosecuted in the USA for publishing classified information he obtained from Manning in violation of the Espionage Act. It is not rare that a journalist publishes classified information; therefore, those prosecutions against Assange could discourage other journalists to reveal important information with the consequence of limiting freedom of speech. Assange will probably argue that the conspiracy charge was a pretext and the US government is prosecuting him for the publication of classified documents. However, the case shows how the line between justice and freedom of speech is not so clear.

To be continued…

 

L’imprevedibilità dell’inevitabile. Una settimana fa l’ennesimo atto di violenza ha colpito l’Europa: il punto sull’attentato di Parigi.

L’arma migliore dell’Isis? L’imprevedibilità. Sembra essere questa l’arma letale capace di mietere vittime nel territorio europeo. Un morto e cinque feriti: questo il bilancio di quanto accaduto lo scorso 12 maggio durante un apparente sabato sera qualunque nel quartiere dell’Opera Garnier, a rue Montigny, zona frequentatissima di Parigi.

Sembra un film già visto, una storia destinata a ripetersi. Un ragazzo armato di coltello (da cucina) aggredisce i passanti al grido di “Allah Akbar”. Le modalità dell’assalto ricordano quelle di altri attacchi come quello dell’ottobre scorso alla stazione Saint-Charles di Marsiglia, con l’uccisione di due ragazze e quello nella zona del Louvre nel febbraio 2017. È il secondo attentato islamista dell’era Macron, dopo quelli di Trèbes e Carcassonne di due mesi fa. In totale dal 2015 il numero delle vittime di attentati sul suolo francese è salito a quota 245.

L’attentatore si chiamava Khamzat Azimov: nato nel 1997 in Cecenia, aveva 21 anni e possedeva la doppia cittadinanza russa e francese, dopo essere stato naturalizzato nel 2010. Azimov arrivato in Francia nel 2004, è cresciuto a Strasburgo, dove ha conseguito il Diploma di Maturità per poi trasferirsi a Parigi con i suoi genitori dove studiava per diventare infermiere. Un ragazzo apparentemente non pericoloso eppure nel 2016 aveva richiamato l’attenzione dei servizi segreti francesi, guadagnandosi l’iscrizione nel cosiddetto dossier S, ossia, il database contenente tutti coloro che possono rappresentare una minaccia per il paese. Il dossier non raccoglie solo potenziali terroristi islamici, secondo gli ultimi dati rilasciati dal governo francese lo scorso novembre, su un totale di 25.000 schedati con la lettera S solo 9.700 sono potenziali terroristi islamici. In questo dossier si trovano anche attivisti di estrema sinistra, estrema destra o attivisti del black bloc, il dossier è infatti a sua volta suddiviso in diverse sottocategorie rispetto al tipo di pericolo rappresentato. Secondo gli inquirenti Azimov potrebbe aver avuto un complice, anche lui inserito nel dossier S: Abdoul Hakim A., il quale è stato arrestato domenica a Strasburgo, ed è attualmente in stato di fermo, insieme ad altri sospettati, due ragazze legate all’attentatore.

Dopo aver rivendicato l’attentato, l’agenzia di stampa Amaq ha pubblicato un video in cui l’autore dell’attacco giura fedeltà all’Isis e al suo leader Abu Bakr al-Baghdadi.  Nel filmato, di oltre 2 minuti, l’uomo a volto coperto afferma “Siete voi che avete cominciato a bombardare lo Stato Islamico e a uccidere i musulmani”. Ancora una volta ragazzi cresciuti a cavallo tra due culture si ritrovano a incanalare l’odio derivante da anni di guerre che hanno trasformato il Medio Oriente in una polveriera. Il profilo dell’attentatore così come la dinamica dell’incidente sembrano un copione già scritto eppure ciò non è bastato a prevenire simili incidenti. È proprio tale imprevedibilità a generare terror(ismo)e.

Le polemiche si sono avvicendate in questi giorni proprio su questo punto: si poteva prevedere? Molti hanno criticato l’efficacia del dossier S, primi fra tutti Marine Le Pen che con tweet ha messo in evidenzia come ancora una volta un sospettato schedato con la lettera S fosse a piede libero nel paese. Le forze dell’ordine dal canto loro si sono difesi dalle critiche sostenendo che non sussistevano prove sufficienti a giustificare lo stato di detenzione. L’inefficacia del dossier S si allaccia inevitabilmente alla tutela dei diritti umani. Porre in stato di detenzione tutti i possibili sospettati potrebbe tramutarsi in un’ inutile caccia alla streghe. In particolare, il diritto francese non permette di arrestare le persone solo perchè schedate con la lettera S. L’art. 66 della Costituzione francese afferma che nessuno può essere arbitrariamente detenuto. Solo una decisione giudiziaria può consentire la detenzione di un individuo in carcere o in un centro di detenzione e l’iscrizione nel dossier S non è opera di un giudice ma dei servizi di intelligence. La tutela della sicurezza non può avvenire a discapito dei diritti umani, un trade – off delicato ma che va mantenuto se si vuole tutelare la democrazia. Se la prevenzione di tali atti sembra ancora una sfida ardua passi in avanti si vedono in termini di reazione e capacità di risposta. Solo nove minuti sono passati tra l’allarme e l’ arrivo degli agenti che hanno ucciso l’assalitore riuscendo a limitare i danni. Lo stesso premier Edouard Philippe si è complimentato per la rapidità dell’intervento delle forze dell’ordine. Anche il presidente Macron ha reso omaggio ai poliziotti intervenuti sul luogo dell’attentato. Giovedì sera scorso i tre poliziotti protagonisti della vicenda sono infatti stati ricevuti dal Presidente della Repubblica il quale ha mostrato loro il riconoscimento per il lavoro fatto. Non solo il tempestivo intervento ma anche i continui lavori di indagine che da giorni stanno compiendo le forze dell’ordine sono il segno evidente di come si stia rafforzando la capacità di risposta rispetto a simili atti (imprevedibili). Non resta che sperare che reazione faccia rima con prevenzione.

Donne e Diritti:una lotta che va oltre l’otto marzo.

 

Cosa rappresenta la Giornata Internazionale delle donne?

Parità di genere: molto e stato fatto e tanto resta ancora da fare. Auguri e mimose possono ridurre questa giornata ad una comune festa convenzionale, eppure non è così. L’otto marzo si ricordano i diritti e le conquiste sociali ottenuti dalle donne e quelli ancora da ottenere. È una data simbolica e significativa perché evidenzia quanto le donne abbiano dovuto lottare per rivendicare i propri diritti e quanto ancora debbano continuare a farlo per raggiungere la parità di genere.

Come ci ricorda l’UE: la parità di genere è un valore fondamentale. L’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea spiega infatti che “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza […]” , in particolare l’articolo 3 afferma che l’Ue promuove “[…] la parità tra donne e uomini […]”. La Carta dei diritti fondamentali rafforza quanto detto, l’articolo 23 parla espressamente di “Parità tra uomini e donne”, si legge “La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato”.

Anche il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea dedica ampio spazio a questa tematica di rilevanza fondamentale a testimonianza dell’impegno assunto dall’Ue nei confronti della donna. L’articolo 8, infatti, affida all’Unione il dovere di promuovere la parità tra uomini e donne in tutte le sue attività; l’articolo 19 prevede l’adozione di provvedimenti per combattere tutte le forme di discriminazione, incluse quelle fondate sul sesso; l’articolo 153 consente all’UE di intervenire nell’ambito della parità di trattamento nei settori dell’impiego e dell’occupazione.

Una lotta lunga oltre un secolo; la celebrazione della giornata della donna ha origine proprio nel secolo scorso, in particolare, il 23 febbraio 1909. Alla fine del 1908 il Partito socialista americano, infatti, decise di dedicare l’ultima domenica di febbraio all’organizzazione di una manifestazione per il voto alle donne. Le Nazioni Unite hanno riconosciuto ufficialmente la data dell’8 marzo come giornata dedicata alla donna nel 1975 – Anno Internazionale della Donna.

Tanto è stato fatto e soprattutto molto resta da fare. Ancora, le statistiche ci dicono che è la donna ad occuparsi dei figli in misura maggiore rispetto all’uomo. Secondo Eurostat, infatti, il 7,7% delle donne nell’UE tra i 25 e i 49 anni vive sola con i propri figli rispetto all’1,1% dei padri. E in particolare, il 92% delle donne tra i 25 e i 49 anni, si prende regolarmente cura di un bambino rispetto al 68% degli uomini. Questo scenario è più evidente tra i paesi mediterranei : in Grecia, l’85% delle donne si occupa della casa, rispetto a solo il 15% degli uomini, e anche in Italia dove svolgono lavori domestici l’80 % delle donne e il 20% degli uomini. Si osserva, inoltre, che in media solo il 33% delle donne nell’UE è in grado di detenere una posizione dirigenziale. Anche in politica, vediamo una maggioranza di uomini rispetto alle donne. Secondo le ultime stime del 2017, la percentuale di donne presenti al Parlamento europeo è del 35% mentre il dato scende al 29% se si considerano i parlamenti nazionali.
Solo 10 tra capi di stato o di governo su 58 sono donne nell’Unione europea e in Norvegia. Inoltre, solo otto dei 27 commissari europei sono donne.
Infine, in media, le donne dell’UE guadagnano il 16,3% in meno delle loro controparti maschili confrontando le retribuzioni orarie lorde.

In vista della Giornata internazionale della donna la Commissione Ue ha emesso recentemente un’ampia dichiarazione “[…] Dobbiamo essere d’esempio: al febbraio 2018 il numero delle donne che occupavano ruoli dirigenziali nella Commissione europea ha raggiunto il 36% rispetto all’11% al momento del nostro insediamento, nel novembre 2014. Il presidente Juncker si è impegnato a raggiungere il 40% entro il 31 ottobre 2019, al termine del nostro mandato”. “In tutti gli aspetti di tutte le nostre politiche, sia all’interno dell’Ue che nell’azione esterna, siamo inoltre coerenti nel promuovere la parità di genere e l’emancipazione femminile. La nostra politica contribuisce all’attuazione globale efficace degli obiettivi di sviluppo sostenibile e dell’agenda sulle donne, la pace e la sicurezza[…]”.

Si è espresso in merito anche il Presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, il quale ha ribadito la necessità per l’Unione di continuare a battersi per la parità di genere.

L’impegno dell’Unione a favore delle donne è testimoniato anche da una recente pubblicazione: “Impegno strategico a favore della parità di genere: 2016 – 2019” ad opera del Commissario europeo per la giustizia, i consumatori e la parità di genere. Tale progetto, con l’obiettivo di orientare le azioni future dell’Unione europea, presenta “oltre trenta azioni chiave da mettere in atto in cinque settori prioritari, i rispettivi termini e gli indicatori di monitoraggio” e mira ad “integrare una prospettiva di parità di genere in tutte le politiche dell’UE e nei suoi programmi di finanziamento.”

L’impegno delle Istituzioni deve essere accompagnato dall’impegno di ognuno di noi, dobbiamo contribuire ad eliminare gli inutili stereotipi che ancora sopravvivono e infettano la nostra società. Nonostante tutto, purtroppo, la donna è ancora considerata il sesso debole, e come ci riportano le statistiche non riesce a ricoprire ruoli apicali nel mondo del lavoro. La donna, infatti, fatica ad ottenere credibilità a causa dei molti luoghi comuni che attanagliano la nostra società: la donna ha successo grazie al suo bel visino, l’uomo ha successo perchè in gamba…. la donna sposata, inoltre ha meno probabilità di essere assunta rispetto ad una donna single a causa della convinzione che la prima sia più incline ad avere figli rispetto alla donna nubile. Ancor più discriminata è poi la donna sposata con figli rispetto al suo collega nella stessa condizione sempre perché si è convinti che una mamma sia più genitore di un padre e quindi meno disposta a sacrificare la vita familiare a vantaggio di quella lavorativa. Queste considerazioni sembrano appartenere ad un’era ormai lontana, eppure ancora oggi vigono indenni nella nostra società e sta a noi cambiare il nostro modo di pensare, fare la differenza eliminando pregiudizi privi di senso alcuno e contribuire ad una rivoluzione culturale in grado di definire una società migliore. Il sesso debole non esiste, e men che meno l’angelo del focolare domestico. Esiste una cosa molto semplice: il rispetto. Punto. Non è un discorso FEMMINISTA, ma è un discorso UMANO.

Tanto è stato fatto e molto resta ancora da fare: l’otto marzo serve a ricordarlo.

Un’altra scossa politica sul fronte europeo: a far traballare l’Unione è la Romania.

Torna a soffiare minaccioso il vento dell’est: dopo Ungheria e Polonia è la volta della Romania. La riforma concernente il sistema giudiziario rumeno desta preoccupazione.

Gli ultimi giorni di gennaio sono stati particolarmente turbolenti per la Romania protagonista di un intenso dibattito sul fronte europeo.  Sia Romania che Bulgaria sono sotto osservazione della Commissione Europea mediante il cosiddetto Meccanismo di Cooperazione e Verifica il cui obiettivo è quello di valutare i progressi rispetto alla riforma giudiziaria e lotta alla corruzione in Romania e rispetto alla criminalità organizzata in Bulgaria. Tuttavia i presupposti non sono dei migliori: la Romania ha vissuto nell’ultimo periodo una situazione politica poco serena nonché figura ancora tra i paesi più corrotti di Europa.

Dopo tre crisi di governo in un anno, ora il nuovo primo ministro della Romania è Victoria Dancila, prima donna del Paese a ricoprire la carica, già membro del Parlamento europeo. Potrebbe rivelarsi un’ottima scelta strategica per distendere i rapporti con Bruxelles visto il suo passato nell’ambiente europeo, eppure i più critici l’accusano di essere troppo vicina al vero leader del Partito socialdemocratico. L’attuale primo ministro secondo queste voci non sarebbe altro che un facile rimpiazzo di Liviu Dragnea di cui ne farebbe le veci. Il leader del Partito socialdemocratico infatti è impossibilitato a ricoprire la carica di primo ministro in quanto sotto inchiesta per abuso di ufficio e falsificazione del voto ed ha sulle spalle una sentenza di due anni di prigione sospesa. Con la riforma giudiziaria in questione tutte queste accuse cadrebbero.

Il nuovo primo ministro il 29 gennaio scorso ha prestato giuramento davanti al Capo dello Stato ed ha ottenuto la fiducia del Parlamento ma nel suo discorso di insediamento non ha menzionato affatto la questione bollente della riforma giudiziaria. La faccenda però è seria tanto da essere portata all’attenzione della Corte Costituzionale rumena. Il 30 gennaio scorso i giudici costituzionali si sono pronunciati in merito, asserendo che la riforma presenta elementi di incostituzionalità, in particolare per quanto riguarda lo statuto dei giudici e dei procuratori, ed ha invitato i fautori della riforma a definire meglio le nozioni di “errore giudiziario, malafede e grave negligenza”.  La Corte si riunirà nuovamente il prossimo 13 febbraio quando si pronuncerà sulla legge relativa all’organizzazione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. Il 24 gennaio scorso Jean-Claude Juncker e Frans Timmermans avevano fatto un aperto richiamo alla Romania sulla questione e quanto affermato dalla Corte Costituzionale rumena sembra confermare le preoccupazioni di Bruxelles.

Il 31 gennaio per concludere questo mese politicamente intenso, il Capo di Stato rumeno Klaus Iohannis si è recato a Bruxelles per incontrare il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker. I due hanno parlato del semestre europeo a presidenza rumena del 2019 nonché del Summit Ue che si terrà a maggio del prossimo anno proprio in Romania. Ma soprattutto hanno affrontato la spinosa questione della riforma giudiziaria. Il presidente rumeno si era già mostrato poco favorevole a queste nuove leggi (non le ha infatti promulgate ) al contrario degli esponenti di governo, i quali, ai richiami di Juncker e Timmermans hanno risposto difendendo la riforma e puntando il dito sulla Rappresentanza della Commissione Europea in Romania accusandola di riportare false informazioni a Bruxelles. Il Capo di Stato rumeno quindi ha rassicurato Junker promettendo che tutto sarà risolto all’insegna dei principi democratici ed evidenziando che la Romania è un paese pro-Europa. Probabilmente è vero, viste le grandi proteste del popolo rumeno: decine di migliaia di persone hanno riempito le piazze per far sentire la propria voce contro la riforma. Tuttavia non basteranno delle dichiarazioni di intenti a convincere la Commissione Europea. La Romania dovrà fare di più se vorrà  liberarsi del Meccanismo di Cooperazione e Verifica (l cui conclusione è prevista per il 2019 ma potrebbe prolungarsi)  e fare il suo ingresso nell’area Schengen.

Insomma, l’Ue barcolla a causa di un’altra scossa politica proveniente dall’est. Barcolla ma non molla? Staremo a vedere.

Terracina: meta estiva? Oltre al mare c’è di più!

Chi mi conosce lo sa, mi piace sempre andare controtendenza, voglio quindi invitarvi a visitare una delle più tradizionali mete estive anche nei mesi freddi dell’anno!

 

 

panorama

 

Sapete questa bella cartolina da dove proviene? È un uno scatto rubato da Via Panoramica (nome intuitivo) in quel di Terracina. La conoscete? No? Beh, qualche tempo fa è stata al centro dell’attenzione grazie al nostro simpatico giornalista Enrico Mentana. Qui il post incriminato.

mentana

 

Battuta legittima, per carità, tant’è che ha conquistato anche il mio like. Ma al di là dell’ironia, cosa manca a Terracina che invece altre mete più famose hanno? Quasi nulla, non ci credete? Scopriamolo insieme!

Oltre al mare c’è di più: paesaggi, storia, arte, cultura e tradizione la rendono una meta attrattiva anche nei mesi freddi.

Terracina ha una storia antichissima. Qual è la sua origine? Esistono varie teorie ve ne riporto un paio: il nome Terracina potrebbe derivare da una vecchia usanza di un gruppo di esuli provenienti da Sparta che giunti alle coste del Tirreno danno vita ad un villaggio ai piedi del Monte Leano. Questi erano soliti far cenare gli ospiti non su una tavola imbandita ma sulla terra nuda, da ciò il nome della città Terra – cena (Ταρρακινή in greco antico), poi trasformatosi nel latino Tarracina. (No, non vi preoccupate, ora Terracina presenta una vasta scelta di Ristoranti tipici e nessuno di questi ha intenzione di far mangiare i propri ospiti per terra!!!). Oppure, si narra (teoria più attendibile) che il nome di Terracina derivi dal vocabolo etrusco Trachna, collegato anche al nome della città di Tarquinia e dei re di Roma Tarquinio Prisco e Tarquinio il Superbo. La città avrebbe subito l’influenza romana già a partire dal VI secolo a.C per essere poi occupata dai Volsci che attribuirono alla città il nome di Anxur.

Visitare Terracina è come percorrere un viaggio nel tempo: troverete resti dell’epoca Romana, del Medioevo e dell’epoca moderna.

Tra i resti legati al periodo romano, c’è lui, il pezzo forte nonché simbolo della città: il Tempio di Giove.

ricostruzione
Ricostruzione del sito archeologico

 

 

sito oggi
Il sito archeologico odierno

 

Il Tempio si erge sul monte Sant’ Angelo dal quale si può godere di una vista sull’intera città semplicemente unica! Il tempio, anche detto di Giove fanciullo, è risalente al IV sec. a.C. come la cinta muraria e l’acropoli.

(Piccola chicca per gli amanti della musica: il cantante Ligabue ha girato proprio sul Tempio il video della sua canzone Happy Hour).

panorama dal tempio
Panorama dal Tempio

A rendere ancor più caratteristico il monte Sant’Angelo vi è un altro particolare: Pisco Montano.

pisco montanopisco

 

 

 

 

 

Si tratta di una grande rupe calcarea, alta quasi m 100, a strapiombo sul mare, tagliata al tempo di Traiano per consentire alla Via Appia un percorso litoraneo, la roccia presenta grandi numeri romani che indicano l’altezza del taglio. Cosa? Via Appia? Sì, avete letto bene. Terracina è attraversata dalla Via Appia, tracce autentiche sono presenti nel centro storico alto che è un vero e proprio scrigno delle meraviglie!

appia
Appia

Non c’è niente di meglio che inoltrarsi nei meravigliosi vicoli antichi di Terracina alta(qui le foto)! Il centro storico racchiude bellezze di epoca romana e medievale; in estate come in inverno non potrà non suggestionarvi!

 

centro storico

i due leoni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

purgatorio
Chiesa del Purgatorio

 

 

 

porta romana
Porta Romana

 

Uno dei monumenti storici di epoca romana è il Capitolium, posizionato nel centro storico della città, si affaccia sul Corso Anita Garibaldi, nel suo tratto finale dal quale si accede a piazza Municipio, l’antico Foro Emiliano.

Risalente alla metà del I sec. a.C., può essere identificato con il tempio dedicato alla Triade Capitolina (Giove, Giunone, Minerva).

capitolium

 

 

cattedrale
Duomo di San Cesareo

 

 

 

Il duomo, situato nel foro Emiliano,  sorge sullo stesso stilobate su cui era impostato il tempio romano a cinque navate. L’aspetto attuale della chiesa risale alla seconda metà del secolo XI.  La trasformazione, da tempio pagano a cristiano, avviene dal IV secolo, dedicato a San Cesareo, santo patrono di Terracina.

 

 

 

 

 

 

 

 

piazza cattedrale
Piazza Municipio

Sempre a Piazza Municipio si trova il Museo Civico Pio Capponi: da visitare assolutamente se volete immergervi completamente nell’antica storia di questa città! Il museo presenta reperti antichissimi: statue, capitelli, sarcofagi e molto altro risalenti al periodo tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C !

Terracina può essere considerata una tradizionale meta estiva, con il suo mare certificato bandiera blu accoglie il turista concedendogli un’ottima pausa estiva dal caos cittadino. Eppure, se vi piace (come me) andare controcorrente questa cittadina saprà emozionarvi anche nei mesi freddi.

mare inverno

Il mare d’inverno è uno spettacolo in grado di conquistare anche i cuori più duri. Piccola curiosità:  nel giorno di Santo Stefano è ormai tradizione per il popolo terracinese – impavido  e non curante delle temperature poco favorevoli – realizzare il cosiddetto “bagno di Santo Stefano”.  Avete capito bene, il 26 dicembre tutti a mare.  Ma se come me siete tipi freddolosi, non preoccupatevi non serve necessariamente entrare in acqua, potete godervi serenamente il panorama facendo una bella passeggiata sul lungomare a piedi o in bici lasciandovi trasportare dal dolce suono delle onde del mare.

Dopo una bella passeggiata non c’è niente di meglio che tuffarsi…a TAVOLA!!!

Non mangiare bene a Terracina direi che è difficile se non impossibile, trattorie, ristoranti, pizzerie, pub, ce n’è per ogni palato!

Essendo una cittadina che affaccia sul mare sono molti i locali che dispongono di pesce fresco.  Per un’ottima Zuppa di Pesce (e non solo!!) non potete non recarvi nella storica Trattoria della città a conduzione familiare: “Trattoria del Buongustaio” (Via Appia, 34, 04019, Terracina, Italia), piatti di qualità cucinati tradizionalmente per un risultato eccellente! antipastopasta_n frittura

 

 

 

zuppa

 

 

 

Non solo mare abbiamo detto, beh allora non solo pesce! Chi non ama la pizza? Che vita sarebbe senza la pizza? Non bella probabilmente e allora vi consiglio di recarvi proprio a “La vita è bella” (Via Posterula 29, 04019, Terracina, Italia), vasta scelta di pizze realizzate con ingredienti semplici e genuini – anche per celiaci!

la vita è bella

Insomma, Terracina seppur nella sua semplicità ha poco da invidiare a città più blasonate. Situata in una posizione perfetta:  a metà strada tra Roma e Napoli, sulla riviera d’Ulisse accompagnata da altre belle cittadine come Sabaudia, San Felice, Sperlonga e Gaeta e circondata dalle isole pontine, Terracina può considerarsi una luogo turistico di tutto rispetto.

Vi consiglio di consultare il sito http://www.comune.terracina.it per essere sempre aggiornati sugli eventi organizzati. Intanto vi metto qui le attività previste nei prossimi giorni ma per ulteriori informazioni consultate il sito o la pagine Facebook del comune di Terracina!

  • Sabato 30 dicembre 2017: itinerario storico-naturalistico cittadino denominato “Sulle orme di J.W. Goethe”
  • Lunedi’ 1° gennaio 2018: Gran Concerto di Capodanno
  • Venerdì 5 gennaio 2018: Dimostrazione di scultura presepiale a cura di Alessandro Giliberti
  • Sabato 6 gennaio2018: Presepe vivente “L’arrivo dei magi”; La befana consegna le calze ai bimbi.

 

Crisi sul fronte europeo. Bruxelles richiama Varsavia: l’Ue invoca per la prima volta l’art. 7

L’Europa non ci sta e si fa sentire. Tensione tra Bruxelles e Varsavia dopo l’ennesima legge che va a ritoccare il sistema giudiziario polacco

 

Sara D’Aquanno, 22/12/17

E già, sono ormai due anni che in Polonia va avanti un percorso di riforme  del sistema giudiziario tradotto in ben 13 leggi le quali fin da subito hanno destato preoccupazione a Bruxelles. Il 20 dicembre scorso la Commissione è giunta per la prima volta ad avviare la procedura prevista all’art. 7  in quanto – secondo l’Ue-  in Polonia vi è un chiaro rischio di violazione dello Stato Diritto.

Accusa pesante sostenuta da una mossa azzardata, tanto è vero che mai prima si era giunti a tanto. Eppure i campanelli di allarme la Commissione li aveva suonati a più riprese nell’arco di questi due anni – sono state adottate tre Raccomandazioni, la prima è quella del 27 luglio 2016, poi c’è stata quella del 21 dicembre 2016 e, infine, l’ultima è quella del 27 luglio di quest’anno. Inoltre, tra Bruxelles e Varsavia sono state scambiate più di 25 lettere sulla questione. Il governo polacco ha fatto orecchie da mercanti. Ora però non è più il tempo delle chiacchiere. Con questa azione l’Ue dimostra che fa sul serio e richiama all’ordine il riluttante stato membro.

Polonia. Il partito nazionalista Legge e Giustizia (Pis) è al governo dall’ottobre del 2015 e tra le promesse fatte in campagna elettorale c’erano i sussidi per le famiglie e una politica più dura contro l’immigrazione, ma soprattutto proprio la riforma del sistema giudiziario  messa sotto accusa dall’Ue.

Nonostante il recente cambio di guardia al vertice dell’esecutivo con la nomina di Mateusz Morawiecki al posto di Beata Szydlo non sembra esservi stato un nuovo approccio verso l’Unione europea. Il nuovo primo ministro continua infatti a difendere il piano delle riforme. Il Governo polacco sostiene di dover mettere in atto quanto detto durante il periodo elettorale e cioè riformare il corrotto sistema giudiziario. Per la Polonia quindi non c’è nessuna violazione.

Ue. Secondo la Commissione, invece, la violazione c’è e in particolare, sono due i problemi riscontrati: un ministro della giustizia con troppo potere ( il sistema giudiziario diviene eccessivamente controllato dall’esecutivo), nonché una discriminazione di genere derivante dall’introduzione di una differente età pensionabile per i magistrati donna (60 anni) e uomo (65 anni) – in violazione dell’articolo 157 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e della direttiva 2006/54 sulla parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego. Nella giornata del 20 dicembre, si è deciso così di azionare la cd opzione atomica: l’ art. 7 così come rivisto dal Trattato di Lisbona. Se il governo polacco non eseguirà le misure proposte dall’Ue – essenzialmente modificare le leggi approvate concernenti il sistema giudiziario – entro i prossimi tre mesi si passerà alla fase successiva. La situazione verrà valutata dal Consiglio dell’Unione Europea  e servirà il voto di 22 dei 28 stati membri affinché si possa procedere con un avvertimento formale. La fase successiva consisterebbe nelle sanzioni quali sospensione del diritto di voto nelle Istituzioni europee e sospensione dei finanziamenti europei. In questo caso servirebbe un voto successivo favorevole di tutti i paesi membri; scenario però poco probabile visto il veto assicurato da parte dell’Ungheria.

I vari esponenti delle Istituzioni europee hanno dichiarato che non vi è alcun intento punitivo e che continuano a cercare un dialogo costruttivo con lo stato polacco. Ad appoggiare la decisione della Commissione anche organizzazioni internazionali come Amnesty International che da tempo mostrano preoccupazione per quel che sta accadendo in Polonia.

Visti i presupposti si tratta di un’azione già annunciata da tempo senza la quale l’Ue avrebbe, di fatto, perso credibilità. Eppure è un’azione che fa discutere: fa storcere il naso a chi pensa che l’Unione Europea si stia traducendo in una mera progressiva cessione di sovranità da parte degli stati a beneficio di una Europa bacchettona che non sa stare al posto suo. La Commissione avrebbe volentieri evitato tutto ciò soprattutto in questo momento storico dove non mancano i problemi tra la questione dell’immigrazione, il pericolo del terrorismo, Brexit, questione catalana, e una Merkel indebolita; non c’è da star tranquilli. Ma i Trattati parlano chiaro e la Polonia non ha lasciato altra scelta che far scattare l’opzione atomica dell’art. 7 in virtù del rispetto dei valori fondamentali dell’Unione Europea.

L’ Ue si trova a fare i conti con un’altra gatta da pelare e se la conclusione dell’anno porta a fare riflessioni, l’Europa non può non riflettere su quanto appaia sempre più disunita e su come ciò favorisca lo sviluppo di nazionalismi  ed euroscetticismi che non fanno altro che gettare benzina sul fuoco.

Violenza sulle donne. Un male che continua ad infettare la nostra società.

Occorre parlarne: oggi più di ieri per un migliore domani.

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25 novembre, un giorno, una semplice data per una ricorrenza importante. Fondamentale. Fondamentale come il diritto all’inviolabilità della dignità o come il diritto alla non discriminazione fondata sul sesso riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Ue).

Ma cosa significa questo giorno? Si parla di violenza, si parla di donne.

Questa data è stata istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre del 1999. La scelta di questa data non era casuale. Il 25 novembre del 1960, a Santo Domingo, tre donne, le sorelle Patria, Minerva e María Teresa Mirabal trovarono la morte.  Le sorelle Mirabal si opponevano alla dittatura di Rafael Leónidas Trujillo e fu proprio la polizia domenicana a porre fine alle loro vita a colpi di bastone. In loro memoria, il 25 novembre del 1981 fu organizzato il primo incontro Internazionale Femminista delle donne latinoamericane e caraibiche. È così che questa data diviene significativa per ricordare e denunciare il maltrattamento fisico e psicologico su donne e bambine. La data è stata poi quindi ripresa dall’Onu al fine di sensibilizzare le persone rispetto a questo argomento e dare supporto alle vittime.

Ma tutti sappiamo che non basta stabilire una data per ricordare e per cancellare le ferite fisiche e psicologiche subite.

In quest’ultimo periodo si è parlato molto di maltrattamenti ai danni delle donne ( e non solo) a cominciare dal caso Weinstein e si sa che se c’è Hollywood di mezzo le questioni assumono maggior clamore. Le confessioni di donne abusate si sono moltiplicate inesorabilmente in questi giorni. Le voci si sono alzate e i cori si sono uniti, eppure il rischio è quello di creare solo rumore senza veramente scernere la sofferenza che si cela in queste voci e in questi cori.

Si parla di violenza ed è giusto parlarne e parlarne ancora e ancora. Non può tradursi in mero rumore la voce di chi ha sofferto. Per le mille donne che trovano il coraggio di parlare ce ne sono altrettante ancora nascoste, in silenzio, sole. Quindi no, non è solo rumore è molto più. Queste voci vanno ascoltate, queste donne vanno supportate.

Si parla di violenza: una piaga enorme della nostra società. Un male sociale propagato da mostri ai danni di tutti noi, tutti possiamo essere quella donna colpita o uccisa.

Si parla di violenza e se ne deve parlare tutti i giorni. È bene che sempre più le donne acquisiscano consapevolezza e coraggio rispetto ai loro aggressori, è bene che si sentano ascoltate e sostenute dalla società così da combattere questa piaga prima che sia troppo tardi.  Spesso le donne non riescono a parlare e rimangono in silenzio fino alla loro fine.

Il quarto rapporto Eures afferma che in Italia nei primi 10 mesi del 2017 si sono registrate 114 donne vittime di omicidio volontario. L’Agenzia per i diritti fondamentali dell’ Ue, nel corso del 2012 ha raccolto una serie di interviste in tutti e 28 i paesi membri,  rilevando che 13 milioni di donne hanno subito violenza fisica, mentre e 3,7 milioni hanno subito violenza sessuale.  Inoltre si evidenzia che il 35% di queste donne non ha parlato a nessuno delle proprie esperienze di violenza e solo il 4 % di loro si è rivolto alla polizia. Il 53 % delle donne intervistate afferma, inoltre, di evitare particolari situazioni o determinati luoghi per paura di essere aggredita fisicamente o sessualmente.

Anche l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa si è pronunciata in merito, e nel rapporto pubblicato nel 2016 riconosce espressamente la violenza contro le donne come minaccia alla sicurezza individuale e sociale, considerando la lotta a contrastare questo fenomeno come area  di priorità nelle azioni dell’Organizzazione stessa.

I vari interventi giuridici e politici in Italia, in Europa e nel mondo non sono abbastanza. Bisogna acquisire la consapevolezza che la violenza contro le donne è principalmente un fenomeno culturale. E va contrastato in ogni modo e in ogni momento da tutti noi. A partire da piccoli gesti quotidiani bisogna gettare le basi per una rivoluzione culturale che sia in grado di restituirci una società per quanto possibile (sicura e quindi) migliore.

Brussels is waiting for you!

Hi everybody!! It has been a wbxlhile but I’m back! As promised here it is my article about a new city: Brussels! Yep! The capital of Europe, have you ever been there? Well, there isn’t a common view about this city, Brussels is a little bit like me either you love it or you hate it, no half measures! 😛

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Where should I start? Oh sure… from the wonderful Grand Place! It is In the center of the city just 5 minutes’ walk from the Gare central. The Grand-Place is considered as one of the most beautiful places of the world. It was added on the UNESCO World Heritage list in 1998.

 

I can’t talk about Brussels without mentioning the Manneken- Pis.

Believe it or not… this is the symbol of the city. He has been Bruxelles_Manneken_Pisdressed up with several fun costumes. You will also find a baby girl and a dog peeing: the Jeanneke-Pis and Zinneke Pis! Yes, that’s true, I’m not joking, I swear! They are so cute, go see them and then judge!

 

I totally recommend you another magic spot: the Atomium. It’s a little far from the city center but it’s worth the journey, I assure you! The Atomium was constructed for the first post-war universal world exhibition.atomiummonumento bxl

 

 

 

 

 

As said before Brussels is the capital of Europe, therefore here you can find all the most important European Institutions, such as the European Parliament, the European Commission, and the European Council. In the middle of the European area there stands the wonderful Parc du Cinquanteniere. cinquantenaire park

It is a vast green space and it is dominated by a Triumphal arch with three arches. The park hosts numerous activities and events throughout the year. You can easily get there by the two subway stops Schuman and Mérode.

Let me remind you that Brussels is full of interesting Museums such as the Magritte Museum, the Museum of Musical instruments, the Comic Strip Museum or the Royal Museum of the Armed Forces and Military History, and as a history lover this last one really freaked me out!

5 km from the city center there is a huge green space called Bois de la Cambre. Here it seems to be in Heaven! You can go for a long walk, for a bike ride or if you wish, you can even go on a canoe ride all around the lake that stands in the middle of the wood.

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Other beautiful places are the Eglise de Sainte – Catherine, or la Bourse; this last one is a rendezvous point for many young people. Here there are plenty of pubs and nightclubs!

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By the way… Belgian beer is famous all over the world and trust me it won’t disappoint you!

Brussels is not just the city of the beer but also the city of the chocolate, you can’t go to Brussels without tasting a piece of chocolate that will take you straight to heaven!

Other two typical dishes are the famous and tasty Gaufre and the … Frites!gauffre

Les Frites are the element of discord between France and Belgium, so who invented them? How we have to call them: French fries or les frites? Anyway they are so damn good! Les frites can be served alone or with the mussel. Moules frites, or mussels with fries is the most typical dish in Belgium, it’s a national obsession!Moules_frites

The city hosts people from all over the world: behind an apparent gray city lies a lively one where you can enjoy amazing new experiences! So what are you waiting for? Leave now and go to Brussels!!!

Paris la ville lumiére!

Art, culture, history and… Love

 

Sara D’Aquanno, 7/11/16

Paris is always Paris and I know that very well. I have been lucky enough to have visited Paris a number of times in my life; I really love this amazing city.

I had the chance to live there for a short period, precisely in February; there is nothing better than spending Valentine’s Day in the city of love!

I have to specify that it was not a fun trip but a study trip. I obtained a scholarship for a thesis research abroad, so I visited especially cultural and institutional places, anyway I managed to enjoy myself: every time I spend a period there I try to visit all the attractions. Although I could stay there only one month I was able to find all the necessary materials (I needed some specific resources to write the final part of the dissertation for my master) and it was a wonderful experience.

Among the cultural spots that I visited, it is also noteworthy is the historic University of Paris also known as the Sorbonne. It is located in the heart of the Latin Quarter, where there is the Boulevard Saint-Michel also known as Boulevard Saint Mich’. It’s an extremely lively street thanks to the Sorbonne and its campus; There it’s possible to find many places to eat drink and be merry. In particular during my stay I had the honor to study in the Library of the Faculty of Law situated in Place du Panthéon where I visited the wonderful monument of Pantheon. All the Latin Quarter evokes an exciting atmosphere!

Although my travel reasons weren’t those of the commune tourists I could also visit the traditional tourist attraction in Paris.

First of all I visited the wonderful Notre Dame Cathedral, the amazing Church that takes the visitor directly in the framework described by Victor Hugo in his Notre-Dame de Paris. The Notre Dame Cathedral is situated on the Island in the center of the city.

Secondly I visited the Basilica of the Sacred Heart which is located at the summit of the butte Montmartre, the highest point in the city where it is possible admire a breathtaking view. The Basilica is beautiful both from outside in his white cover and from inside thanks to its particular stained glass windows.

Thirdly I could admire the amazing monumental structure of Arch of Triumph, built to the glory of the French Armies and it houses the tomb of the Unknown Soldier. It is one of the most famous landmarks in the world, it stands in the centre of the Place Charles de Gaulle, at the western end of the Champs-Élysées, the most renowned avenue in the world. The Champs Elysées area is the most popular, the most frequented and the most chic area of Paris, I just love it!

Finally, dulcis in fundo, the real star of Paris: la Tour Eiffel. Of course, I could not miss it! What can I say about it? Just amazing: majestic in daylight and attractive in the darkness of the night illuminated only by its light effect.

There are so many factors that attract visitors to Paris: Art, History, Beautiful Landscapes, Culture… Paris is a well-rounded city that allows travelers to discover themselves as well.

Do you want to know how I spent my Saint Valentine? I was exactly in front of the Eiffel Tower with a special person eating the typical sweets of Paris: the tasty Macarons!

 

In the next article I will talk about another city! Stay tuned to find it out!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sara D’Aquanno

Ricerca sociologica Dall’Ucraina all’Italia: un viaggio per cambiare vita

Ada* è una bellissima donna, capelli dorati, occhi azzurri, sguardo deciso e con l’atteggiamento tipico di chi è sicuro di sé, ho avuto il piacere di intervistarla ed in queste poche righe condivido con voi la sua storia…

*nome di fantasia

Ringrazio la gentilissima Ada che mi ha concesso l’onore di farle alcune domande riguardanti la sua esperienza personale. Quest’ intervista nasce principalmente in ambito universitario con lo scopo di analizzare la società nella sua dimensione multiculturale. L’intervista è stata effettuata utilizzando delle immagini in grado di richiamare gli ambienti familiari del soggetto osservato al fine di analizzarne le reazioni così da poter ottenere un risultato quanto più autentico.

La ricerca mira ad evidenziare come l’identità di un individuo possa essere influenzata dalla società circostante; nello specifico come le diverse culture delineando tale società possano forgiare l’identità stessa dell’individuo. L’ informatore Ada, mediante la propria esperienza personale testimonia l’ evento culturale: si ha l’ incontro di due diverse culture, quella italiana e quella ucraina. La terra natale dell’ informatore è l’ Ucraina, terra dalle molte sfaccettature, caratterizzata da un trascorso storico – politico traumatico. L’ informatore dà vita al progetto migratorio mediante il quale avviene l’ incontro interculturale. L’ Italia è la meta scelta, terra dalle molte contraddizioni. Trattasi di culture per certi versi lontane tra loro, il cui dialogo non sempre avviene in modo fluido e scorrevole.

 

***

 

Terracina, novembre 2014

Sono veramente entusiasta di intervistare Ada, meravigliosa come poche, quella bellezza aspra tipica delle donne dell’est. Mi reco nel suo posto di lavoro, un negozio di abbigliamento nel pieno centro di Terracina, piccola città del litorale laziale dove vive attualmente, e le sottopongo la mia “allettante” proposta: voler rilasciare una breve intervista sul suo vissuto, sulla propria terra natia nonché quella adottiva Superati i convenevoli le chiedo la sua disponibilità a parlarmi un po’ della sua “vita privata”. Inizialmente percepisco il suo “voler tutelare” la propria privacy, quasi si trattasse di un qualcosa di custodito in una scatola ermetica, in un cassetto con mille lucchetti, che avrebbe richiesto parecchia fatica aprirli, capisco, che tutto ciò ha un prezzo, per addolcire il tutto, le propongo di fare “la chiacchierata” davanti a una bella cioccolata calda con tanto di biscotti, ovviamente non poteva rifiutare. Il patto è chiaro, fissiamo l’ incontro e il gioco è fatto.

 

 

Eccoci qui, è un piovoso giovedì di Novembre, l’ appuntamento è alle 17, 30 a Bar Roma, situato al centro della cittadina, facilmente accessibile per lei che ama spostarsi a piedi. Arrivo puntuale, controllo se sia già arrivata, mi addentro nel bar tra quei inebrianti odori di dolciumi tipici dei Bar artigianali. Mi affretto ad occupare un buon tavolo, so che è un bar molto frequentato, non voglio dover urlare durante il colloquio per potermi far sentire, individuo quello più in disparte e ne prendo possesso. Subito dopo arriva Ada, procediamo ad ordinare, preparo carta e penna e posiziono il mio registratore sul tavolino. Tutto è ponto, non mi resta che premere play!

 

***

 

Prima Immagine: Cartina Ucraina

Ada: (Osserva la cartina e indica un punto preciso) Questa è Leopoli, è la città più importante tra quelle vicine al mio paese. Ricordo che quando ero bambina, circa 20 anni fa, nel mio piccolo paese ancora non c’era il Circo e per vederlo mia madre mi portava qui, in questa grande città, ed era una bellissima esperienza, divertente, il circo ricordo era enorme.

Io: Parlami del tuo viaggio dall’Ucraina e del tuo arrivo in Italia…

Ada: Sono arrivata in Italia il 16 dicembre del 2001, ho deciso di partire dall’Ucraina per necessità economiche, avevo bisogno di lavoro, in Ucraina non c’era e avevo sentito di molti miei coetanei che erano riusciti a trovarlo qui in Italia

Sono arrivata in Italia in pullman, ho fatto 36 ore di viaggio, un giorno e mezzo praticamente. È stato un viaggio estenuante ma non potevo permettermi l’aereo… si tratta di sacrifici che la vita impone. Ricordo che al mio arrivo ero molto spaventata, non conoscevo in assoluto il posto e tanto meno la lingua. Fortunatamente ho trovato subito lavoro, grazie ad una mia amica trasferitasi qualche anno prima anche lei in zona. Il 16 dicembre sono arrivata e il 21 dicembre ho fatto il mio primo giorno di lavoro come badante presso una famiglia, tuttavia non conoscendo la lingua, mi sono sentita persa e volevo andarmene!

 

“mi sono sentita persa e volevo andarmene!”

 

Sono passata da un tipo di vita in Ucraina in cui avevo molto tempo libero a questa dove con questo lavoro non avevo neanche un po’ di riposo, lavoravo 24 ore su 24. Era come una galera e mi sentivo sola Poi pian piano sono riuscita ad ambientarmi. La comunicazione è stata fondamentale, imparare l’italiano è stato importante, io non avevo mai studiato prima questa lingua, poi parlando e facendo pratica ho cominciato ad apprenderla 

Io: Cosa ti è mancato di più dell’ Ucraina?

Ada: Mia figlia … Ma ho deciso di intraprendere questo viaggio proprio per lei … Come ho detto, lì non c’era lavoro e avevo bisogno di soldi per crescere mia figlia ma non volevo chiederli alla mia famiglia. Volevo essere indipendente ed essere di esempio a mia figlia, anche se ciò significava dovermi separare da lei per un po’. Volevo essere coraggiosa per lei e per me, dimostrare a me stessa che potevo farcela e oggi posso dire di avercela fatta: sono riuscita a farmi strada qui e soprattutto ho realizzato il mio obiettivo, ricongiungermi con mia figlia e oggi vive qui con me a Terracina

Io: Quale strategia hai usato per integrarti in questa nuova comunità sociale?

Ada: Il lavoro, ho cercato sempre di darmi da fare e lavorando ho imparato la lingua che è la prima barriera che ho trovato, ci sono stati anche momenti difficili in cui sono stata senza lavoro … io ho fatto prima la badante, poi la cameriera e ora lavoro come commessa in un negozio di abbigliamento e devo dire che per me è un grande traguardo poter svolgere questo lavoro, è il lavoro che mi piace di più, molte immigrate come me vorrebbero fare questo lavoro ma non riescono a trovarlo e fanno tutte le badanti. Ho tirato avanti a tutti i costi perché tornare a casa sarebbe stata una sconfitta, ed ora mi sento pienamente integrata in questa comunità.

 

“tornare a casa sarebbe stata una sconfitta”

 

***

 

L’ intervista procede come una vera e propria chiacchierata, ADA, mi appare molto tranquilla durante le sue esposizioni, anche fin troppo, la cioccolata è riuscita ad addolcirla così tanto?

Ogni cosa che dice suscita in me mille curiosità, intanto, le domande preimpostate sono andate a farsi benedire, ho stravolto tutto, ho improvvisato cercando di seguire la sua linea di pensiero per lasciarle la libertà più pura nell’ esporre, i miei interrogativi aumentato così tanto che li dimentico, e poi ho paura di interromperla, non voglio che perda il filo del discorso.

Più parla e più mi rendo conto che quella chiusura iniziale era la chiara testimonianza di tutti i “sacrifici” fatti, si vede che tutto ciò ha contribuito alla creazione di una scorsa, una scorsa dura, difficile da rompere; ecco quella chiusura che ho visto, ma al tempo stesso la consapevolezza di aver superato (a testa alta aggiungerei) tutti gli ostacoli la porta ed essere fiera ed orgogliosa di sé stessa E’ tranquilla e disponibile mentre mi racconta del suo viaggio estenuante per arrivare in Italia, dei suoi lavori, delle sue difficoltà, non si risparmia e questo mi fa capire, inoltre, che la sua fierezza di “avercela fatta” non era mai stata divulgata si è tenuta tutto dentro, le sofferenze come le gioie, il mio interesse verso la sua “storia” seppur semplicemente a scopo didattico le dà la possibilità di esprimersi, possibilità che non sempre ha avuto per un motivo o per un altro.

 

***

 

Io: Cosa rappresenta per te l’Italia?

Ada: La sopravvivenza … qui riesco a fare una vita dignitosa, e soprattutto faccio star bene mia figlia … mi piace molto stare qui …

Io: Se fosse stato l’inverso cioè se un italiano fosse andato in Ucraina? Come si sarebbe trovato?

Ada: Si sarebbe trovato male… Gli italiani non sono abituati a fare i sacrifici come lo siamo noi, voi non ve ne andate mai via di casa, noi cresciamo in modo diverso, a 17 anni si va via di casa, si lavora e ci si costruisce una famiglia. Io mi sono sposata a 17 anni e a 18 anni sono diventata mamma

Io: Sei ancora sposata?

Ada: No, non lo sono più e chi me lo fa fare? (risata)

Io: Te ne sei pentita?

Ada: No pentita no, perché è stata una cosa bellissima che in quel momento sentivo di voler fare ma che poi è finita semplicemente.

Io: Com’ è il matrimonio in Ucraina?

Ada: È diverso da qui, perché in Ucraina il matrimonio finisce in un giorno.

Io: La separazione intendi? Parli delle procedure legali?

Ada: Sì, sì lì non è come qua che per divorziare devi aspettare un sacco di tempo e devi fare un sacco di pratiche, in Ucraina una volta deciso è fatto!

Io: Invece riguardo alla festa?

Ada: No quella è uguale, è un momento bellissimo perché si sta insieme con tutta la famiglia, si ride, si scherza, si mangia tanto, come qui … Le feste in Ucraina sono molto importanti in generale… C’è un forte senso patriottico, per esempio, ricordo che dovevamo conoscere bene tutto ciò che riguardava il paese fin da bambini, dovevamo imparare obbligatoriamente l’ inno nazionale e ci interrogavano continuamente per verificare se lo conoscevamo bene, quando c’era ancora l’ Unione Sovietica ci obbligavano ad impararlo in entrambe le lingue russo e ucraino e lo si doveva cantare il 1° settembre,  perché è il primo giorno di scuola, è un giorno molto importante in Ucraina, i ragazzi vanno tutti vestiti eleganti, le ragazze devono vestirsi di bianco, è una giornata molto sentita … poi si va a mangiare tutti insieme …

Io: Come vivi invece qui queste ricorrenze?

Ada: In generale anche qui c’ è questo senso dello stare insieme, infatti mi sono trovata bene, alle feste come Natale, Capodanno e Pasqua si sta tutti insieme si mangia, si beve, si gioca, si ride, si scherza … Come in Ucraina … Il modo in cui sono cresciuta rispecchia molto il tipo di vita italiana, il fatto di festeggiare tutte le ricorrenze e di fare i regali a tutte le persone care …

Io: Cosa rappresenta per te la famiglia?

Ada: Per me la famiglia è importante. Io ho sempre creduto nella famiglia ed è per questo che mi sono sposata proprio perché ci credevo, mi sono sposata in abito bianco, abbiamo fatto una grande festa, più o meno come qui, solo che lì si tende a festeggiare maggiormente in casa e non nei locali, secondo me è molto più impegnativo fare la festa in casa che al ristorante, perché prepariamo tutto noi in famiglia, si riuniscono tutte le donne per preparativi, si invitano tutti i vicini, io abitavo in una palazzina di tre piani e ho invitato tutti! Si sta tutti insieme, si ride, si scherza, si festeggia tutta la notte!

Io ho molto rispetto per la famiglia, chiamavo sempre per sentire mia madre, nutrivo per lei sia amore che rispetto, per esempio io non mi sono mai fatta vedere da lei mentre fumavo, no come qui, qui non c’è questo senso di timore e rispetto, cerco infatti di trasmettere a mia famiglia i giusti valori, in questo sono rimasta ucraina perché qui non mi piace come si vive la cosa, io sono per l’ unione della famiglia e per il rispetto, cose che mi hanno trasmesso da quando ero piccola e cose che qui non ritrovo …

Io: Che tipo era tua madre? Come era il vostro rapporto?

Ada: Mia madre era un tipo molto all’ antica, la rispettavo molto, mi ha insegnato i valori più importanti, i sani principi, dovevo rispettare delle regole, era importante comportarsi bene e io mi impegnavo nel farlo rispettando i suoi insegnamenti,  anche da mia figlia pretendo rispetto, come io ho rispettato mia madre lo stesso voglio da mia figlia, ma voglio anche un rapporto di amicizia con lei, la invito a confidarsi con me, a dirmi sempre tutto, sicuramente il fatto che io me ne sia andata via di casa da giovane ha contribuito a rendere la mia mentalità più aperta in questo senso.

Io: Tuo padre invece che tipo è? Lo hai conosciuto?

Ada: Sì più o meno, i miei hanno divorziato quando io ero ancora piccola, avevo sei anni, io sono cresciuta con la famiglia di mia madre, non ho mai avuto confidenza con lui … Lui poi si era rifatto una nuova famiglia, quindi, io facevo la vita mia e lui la sua.

Io: Ti confidavi con la tua famiglia?

Ada: No, per me mia madre era un capofamiglia, la padrona di casa, non avevo questo tipo di rapporto, poi erano pure altri tempi, mia madre a suo modo si fidava di noi … Cerco però di non fare la stessa cosa con mia figlia, anche perché ora è diverso c’è più libertà, per questo voglio un rapporto più aperto con lei.

Seconda immagine: Chiesa (foto di giorno)

Ada: Noi siamo di religione ortodossa, è molto simile a quella cattolica secondo me … Questa chiesa mi fa venire in mente un sacco di ricordi da bambina, i giochi in piazza … Lì andiamo in chiesa perché ci crediamo e ci piace, non come qui, vedo che le suore obbligano i bambini ad andare per forza in chiesa altrimenti gli dicono che non potranno ricevere i sacramenti, lì se nono potevamo andare, perché per esempio c’era la neve o per altri motivi non andavamo e nessuno ci diceva nulla …

Terza immagine: Chiesa (foto di sera)

Ada: Questa è la chiesa centrale e qui è dove ho battezzato mia figlia, mi ricorda pure la Pasqua, che lì è più sentita che qui, in particolare, facciamo dei cesti con cibi di casa, il sabato santo, di sera si va in chiesa con questi cesti e si fanno benedire dal prete dopo la messa, e poi la domenica di Pasqua si mangiano quei cibi benedetti, è molto bello, ci si mette di tutto, formaggi, salami, uova, il pane per poi fare il pranzo di Pasqua tutti insieme, per noi è come il Natale, infatti, i negozi sono tutti chiusi, invece qui a Pasqua e Pasquetta i negozi sono aperti … da noi le feste religiose si sentono di più … Però mi sono adattata, mi metto l’ anima in pace, so che devo andare a lavorare anche se è Pasqua o Pasquetta e vado a lavorare … Noi le festeggiamo tutte le feste religiose, oltre al Natale, infatti, festeggiamo anche il battesimo di Gesù che nel nostro calendario cade il 19 di gennaio, è una festa molto particolare, si va al fiume che dato il tanto freddo è ghiacciato, il prete taglia una croce in questa lastra di ghiaccio, si celebra la messa, si preleva un po’ dell’ acqua del fiume nella parte dove è stata tagliata la croce e si usa per benedire, dopo si torna a casa e si benedicono tutti i familiari, a casa mia in particolare, ci benediva mia madre in quanto capofamiglia, e poi si mangiava tutti insieme.

Io: Tua madre era un vero capofamiglia …

Ada: Sì e prima di lei lo faceva mia nonna …

Io: Ti manca l’Ucraina?

Ada: Ora non più… All’inizio volevo andarmene da qui, ma quando ho cominciato ad imparare la lingua, ho cominciato a guadagnare e a comprarmi più o meno quello che mi serviva, ho iniziato a stare bene e a me basta questo.

 

 

***

 

Mi sconvolge la facilità con cui mi confessa di non mancarle la sua terra natia La propria “mamma” terra sembra essere solo quella che l’ha cresciuta e sfamata in un modo o nell’ altro senza troppi legami carnali.

Percepisco una sorta di materialità nelle sue parole, parole fredde senza coinvolgimenti troppo profondi, questo mi lascerà molto perplessa…

 

***

 

Io: Cosa rappresenta per te l’Ucraina?

Ada: La miseria … (silenzio) Io volevo cambiare la mia vita … Se avessi avuto il lavoro in Ucraina sarei rimasta lì. Quando c’ era il regime sovietico si viveva bene in Ucraina… Nonostante vivessi in un regime stavo bene …

 

“Nonostante vivessi in un regime stavo bene”

 

Semplicemente perché eravamo tutti uguali, a scuola andavamo tutti con le stesse scarpe, con lo stesso abbigliamento, eravamo tutti allo stesso livello, non come ora, che mia figlia mi dice: << mamma ma la mia amica ha le “Blauer” … e io perché no?  mamma ma lei si veste “Moncler” … >> Con la dittatura eravamo tutti uguali, mangiavamo tutti le stesse cose, ricordo che a mia madre davano i buoni pasto e noi andavamo a fare la spesa con questi bigliettini, poi la spesa veniva direttamente detratta dallo stipendio di mia madre … stavamo tutti meglio perché mangiavano tutti, non come adesso che c’ è chi mangia e chi no … io non capisco nulla di politica ma penso che siamo tutti uguali e dobbiamo essere trattati allo stesso modo, se si deve pagare devono farlo tutti, se non si deve pagare non paga nessuno, adesso c’è la crisi e tutti devono pagare per la crisi.

Io: Riguardo ai diritti?

Ada: Noi non avevamo diritti … però potevamo mangiare …  non potevamo parlare, però non ci morivamo di fame … i diritti non ti danno da mangiare … e qui è la stessa cosa, tu hai il diritto di parola ma in realtà nessuno ti ascolta, al popolo nessuno lo ascolta …  Appena c’è stata l’indipendenza dell’Ucraina abbiamo festeggiato, ma poi l’allegria è cominciata a scemare, non c’era da mangiare, non c’ era lavoro, perché era grande Russia che ci dava lavoro, con lo scioglimento tutte le industrie del paese, che erano russe, sono state chiuse lasciandoci senza lavoro.

Io: Cosa ricordi del grande disastro di Chernobyl?

Ada: Non ricordo molto al riguardo, ero piccola … so che è successo il 26 Aprile del 1986, era il compleanno di mia madre, ma a noi lo Stato non ci ha fatto sapere subito cosa era successo, sono passati anni prima che il governo ci facesse sapere realmente le cose come erano andate, la reale gravità della cosa … invece, secondo me dovevamo sapere fin da subito cosa era successo così da poter reagire, da poterci proteggere, noi avevamo anche un piccolo orto, avremmo evitato di mangiare la frutta, la verdura … poi non so di quanto eravamo distanti da Chernobyl …

Io: Dal tuo paese ho visto che dista circa 624 km …

Ada: Beh sono tanti …

Io: Considerando la grandezza dell’esplosione le radiazioni potrebbero esserci arrivate …

Ada: Sì infatti penso che un po’ siano arrivate … Io ho capito come i fatti siano realmente andati e la loro gravità solo qui in Italia, tramite una trasmissione televisiva in occasione del ventesimo anno dall’ accaduto … Sapevamo che tante cose con il comunismo erano ben nascoste …  Ricordo che quando è successo, molti ragazzi anche del mio paese sono dovuti andare lì ad aiutare le persone, per farle evacuare, perché era obbligatorio per i ragazzi al compimento dei 18 anni andare a fare il soldato per due anni e essendo successo quel problema a Chernobyl li hanno mandati lì. Nessuno sapeva realmente la gravità della cosa, perché fino alla caduta del comunismo non si sapeva bene cosa era successo davvero, infatti molti di questi ragazzi tornavano con tumori, malattie di ogni tipo, perdite di capelli, ed erano ragazzi giovani di appena 18 anni … E solo dopo si è capito il reale motivo … Ricordo che tutti avevano paura di avere figli maschi perché si sapeva che al compimento del 18° anno d’età i figli avrebbero dovuto arruolarsi nei corpi militari comunisti e nessuno sapeva dove potevano mandarli … Ci dicevano solo che loro dovevano “servire la Patria” …

Io: Pensi che il disastro di Chernobyl possa aver provocato la morte dei tuoi familiari?

Ada: Non credo… Può darsi… Ma essendo stata la cosa ben nascosta non potrò mai saperlo veramente … Mio zio è morto circa tre anni dopo l’accaduto per problemi di cuore e mia madre invece è morta quattro anni fa per un ictus …

Io: Quando tua madre è morta eri accanto a lei?

Ada: No purtroppo …

Io: Come ti sei sentita?

Ada: Abbandonata …  Avevo 27 anni ma avevo ancora bisogno della sua presenza, anche solo per sentirla … Anche mia figlia aveva bisogno di lei, con la sua morte non aveva più nessuno con cui stare e l’ho fatta venire in Italia da me …

Io: E il padre?

Ada: No, il padre si è rifatto una nuova vita, non l’avrei proprio lasciata con lui. Avevo, comunque, intenzione di farla venire in Italia, aspettavo solo che fosse abbastanza grande da capire e renderle la cosa meno traumatica …

Io: La morte dei tuoi familiari ha rappresentato una chiusura con il tuo paese di origine?

Ada: Sì assolutamente, non mi lega più niente al mio paese, i miei familiari non ci sono più e i miei amici li ho persi di vista, ognuno si è fatto la sua vita e molti sono emigrati come me, e poi andare lì sapendo che mia madre non c’è più sarebbe per me una sofferenza … Ormai la mia vita è qui, la mia famiglia è qui con mia figlia …

 

“non mi lega più niente al mio paese”

 

Io: Ti senti più italiana o ucraina?

Ada: Non saprei, penso siano due cose diverse, direi entrambe le cose, qua mi trovo bene e a mio agio come se fosse casa mia non mi manca nulla dell’Ucraina … Forse un po’ la cucina (risata) … Però anche qui faccio qualche piatto tipico ucraino e poi ho anche imparato ad apprezzare la cucina italiana, ci sono tante cose che mi piacciono.

Io: Cosa ti desideri per il futuro?

Ada: Voglio rimanere qui …

Io: Temi questa crisi economica?

Ada: Sì tantissimo perché se rischiate voi immagina io …

Io: Perché?

Ada: Perché se licenziano voi figurati a me … io ogni volta devo rinnovare il permesso di soggiorno perché l’Ucraina non fa parte dell’Unione Europea, quindi ogni volta devo fare tutte le procedure ed è il lavoro che serve …

Io: Ti senti più a rischio?

Ada: Sì perché senza lavoro non ti rinnovano il permesso di soggiorno …

Io: La senti quindi la differenza tra te e un italiano?

Ada: Sì, da questo punto di vista sì … e poi io se non lavoro resto senza soldi … nessuno potrebbe aiutarmi …

Io: In questo caso torneresti in Ucraina?

Ada: Forse… Ma non voglio perché dopo 11 anni sono cambiate tante cose non mi sentirei più a casa mia, lì non ho più nessuno, molti sono emigrati come me, lì non c’è più nessuno che conosco … Io ormai ho cambiato vita

Io: Vorresti maggiore interesse da parte dello Stato Italiano?

Ada: Sì mi piacerebbe, io pago tutte le tasse come gli italiani, ho la residenza ma non la cittadinanza, anche se averla non mi cambierebbe la vita più di tanto ma solo almeno per non dover più rinnovare il permesso di soggiorno … E sentirmi quindi meno precaria …

Io: Se potessi tornare indietro sceglieresti di nuovo di emigrare?

Ada: Sì, sì.

Io: Cosa ti piace di più dell’Italia?

Ada: Terracina, qui sto troppo bene, c’ è sempre il sole, fa caldo, mi piacciono le persone, i cibi locali …

Io: Cosa non ti piace?

Ada: Questa crisi … Prima si stava meglio, almeno fino a 4, 5 anni fa, ora è aumentato tutto e lo stipendio è rimasto sempre lo stesso, io pago tutte le tasse come gli italiani e non so neanche se arriverò a 70 anni per la pensione, in Ucraina a 50, 55 anni si va in pensione, no come qui, che devi lavorare fino a quando non ce la fai più … E chi mi prende a lavorare a 70 anni? (risata)   

 

***

 

Il tempo corre più dei miei pensieri, il registratore segna 1 ora e 10 minuti di conversazione, le tazze ormai vuote e dei biscotti non c’ è più traccia se non qualche briciola, tutto segnala la conclusione dell’interazione. Il cellulare di Ada, le ricorda i suoi imminenti impegni mediante gli incessanti squilli che distolgono progressivamente la sua attenzione dalle sue parole. Mi annuncia con estrema gentilezza che i suoi doveri la reclamano, la nostra “chiacchierata”, così, tra ringraziamenti reciproci e convenevoli vari, volge al termine.

 

 

Breve analisi

 

Ada ha dato vita al progetto migratorio, soprattutto, per necessità, come avviene nella maggior parte dei casi, le notevoli difficoltà incontrate per ottenere una vita soddisfacente rappresentano i maggiori fattori di spinta. Inoltre, si evidenziano due caratteristiche interessanti, peculiari del viaggiatore pronto a superare i “propri” confini geografici e culturali, “l’adattamento”, e la “tendenza a sperimentare il nuovo”, questi, insieme alle difficoltà economiche rendono effettivo il progetto migratorio. L’ adattamento e la tendenza a sperimentare il nuovo fanno sì che l’individuo si apra alla cultura ospitante, favorendo l’interculturalità.

Si evidenziano due punti cardine nell’ interazione sociologica:

 

  • Assenza di fiducia verso le autorità – rassegnazione – privazione dei propri diritti;
  • Abbandono dell’identità d’ origine.

A caratterizzare una determinata cultura influiscono innumerevoli fattori che vanno poi a definire l’identità dell’individuo. Il primo punto evidenziato è proprio uno degli elementi chiave nella definizione dell’identità dell’informatore e che andrà a caratterizzare successivamente il suo modo di interagire con la cultura ospitante. Emerge la totale rassegnazione dell’intervistata verso le autorità politiche, segno del suo vissuto nell’ assenza di diritti, in un ambiente dominato dal timore, dove sono ben specificati i ruoli sociali, il ruolo del popolo e il ruolo di chi governa L’ omertà diffusa, imposta in quest’ ambiente politico, ha allontanato ogni tipo di rivendicazioni in materia di diritti, compensandoli con una forte stratificazione sociale ugualitaria Il tutto qualifica l’essenza fortemente pragmatica dell’informatore che rifletterà, inevitabilmente, il suo modello d’ integrazione. La strategia d’ integrazione messa in atto da Ada è il “lavoro”, proprio a testimonianza del suo vivo pragmatismo. Il lavoro ha rappresentato per lei l’inserimento nella società italiana, inoltre, la sua inclinazione al sacrificio le ha permesso di affrontare le sfide tipiche di un lavoro nuovo unite alle più dure difficoltà che caratterizzano l’incontro con una cultura “sconosciuta”.

Si osserva come i diritti non assumano un peso rilevante per Ada, al contrario, la sopravvivenza e il benessere materiale, risultano essere le preoccupazioni principali, sintomo del suo stesso percorso di vita, ed è per questo che il lavoro nella sua interazione interculturale rappresenta lo strumento vincente, infatti, il lavoro è ciò che consente agli individui di soddisfare le proprie necessità e i propri bisogni immediati. L’informatore, inoltre, pone l’accento sull’ eguaglianza, che in un certo qual modo, sentiva sotto il comunismo e che è venuta progressivamente a mancare in seguito alla sua caduta e riconosce nella cultura italiana la medesima mancanza Si tratta di un importante diritto ma anche in questo caso viene posto da Ada sempre in chiave “materialista”, dunque, uguaglianza nel reperimento di beni materiali. L’ assuefazione alla mancanza di diritti si evince anche in relazione all’ evento di Chernobyl, Ada, ammette con estrema naturalezza come il tutto sia stato occultato, e mostra la consapevolezza che molto altro veniva nascosto al popolo. Si è trattato di uno degli eventi più catastrofici mai verificatosi, ed il più grave in campo nucleare, il quale ha provocato gravi conseguenze all’ ambiente, alla fauna e alla flora, nonché alla specie umana con morti e malattie. Ada, dichiara che solo una volta arrivata in Italia, grazie ad una trasmissione televisiva si sia resa conto di come le cose siano andate realmente e ciò non suscita in lei particolare meraviglia, la sua concretezza è sempre più evidente, ciò che è stato non può essere mutato, pertanto è inutile rimuginare. Minimo si presenta il fastidio al riguardo, riconoscendo che l’ignoranza dell’accaduto non ha permesso loro di correre ai ripari. Si evince la rassegnazione verso i fatti, verso l’agire politico, tanto da non cogliere la connessione tra il catastrofico evento e le tragiche morti dei suoi familiari. Il tutto scaturisce in una costante oppressione del proprio io, l’inesorabile accettazione degli eventi, rende la propria passività manifesta impedendole la creazione di una propria coscienza politica e sociale. Si mettono in luce altre caratteristiche, quali, un forte spirito di adattamento sostenuto dal forte spirito di sacrificio e il pragmatismo nelle proprie interazioni, ed in particolare, nelle proprie interazioni con la nuova cultura

Il secondo punto sottopone all’ attenzione un tema tanto ampio quanto complesso. L’abbandono dell’identità d’ origine rappresenta la morte di una parte di sé stessi. Il luogo di nascita e di crescita caratterizzano e formano l’essere dell’individuo, non riconoscendoli più come propri non si riconosce una parte di sé.

L’ informatore non presenta legami con la patria natale ma si evince come ciò sia mutato nel tempo in relazione agli eventi familiari. Tale distacco è la conseguenza intrinseca del suo percorso di vita e nello specifico del suo modo di relazionarsi con la famiglia ed in particolar modo con la madre, figura cardine nella formazione di un individuo.

La famiglia, nel caso esaminato, viene vissuta come un valore importante, ma soprattutto emerge fortemente un profondo senso del dovere, rispetto e distacco. Si rileva come Ada, non abbia avuto un rapporto confidenziale con la famiglia, elemento principale affinché si crei un vero collante emotivo, al contrario, i rapporti familiari sono gestiti da tutta una serie di regole che sanciscono ordine e rispetto favorendone il distacco.

La madre rappresenta la figura chiave, il rapporto madre – figlia si presenta caratterizzato soprattutto in una distinzione dei ruoli, la figura materna è il “capo famiglia” e come tale va rispettata ed il rispetto puro esige una certa freddezza Non vi è stata la creazione di una vera e propria unione sentimentale, ciò, ne ha reso facile l’allontanamento con il successivo formarsi di una nuova identità. Tale rapporto, tuttavia, rappresenta per l’informatore, un senso d’ appartenenza, la madre non è simbolo di affetto ma è una guida ed un punto di riferimento, che via via nella vita le ha indicato regole, principi, le strade giuste da intraprendere, insegnandole fatica e perseveranza Si evince, pertanto, come nella freddezza del rapporto emerga la più completa deferenza La morte della madre ha significato l’improvvisa mancanza di questa guida, di questo punto di riferimento, ha segnato l’ “abbandono”, sancendo definitivamente la cesura con l’ origine. Si comprende pertanto il suo rifiuto della terra natia, terra che oramai non ha più nulla da offrirle.

Il ruolo del padre, tuttavia, non è da sottovalutare in questo processo sociologico. Si tratta di un padre assente, ed ancora una volta, si rileva la totale accettazione del fatto da parte di Ada. Il modello familiare assume un’importanza non marginale nel processo formativo dell’individuo, nel caso oggetto di studio, si osserva come il modello familiare adottato, sia un modello non classico ma una forma di matriarcato, dove via via i capofamiglia sono gli esponenti femminili più anziani della famiglia. Il non aver beneficiato dell’amore paterno rappresenta per l’intervistata una mancanza emotiva di rilievo e la successiva accettazione del fatto, viene indotta proprio dal capo famiglia in carica trasmettendo ad Ada, la non necessità di una figura maschile, portandola ad occultare questo bisogno. Ciò si riflette nell’ età adulta, in cui, Ada, ancora una volta accetta il proprio divorzio con naturalezza, mostrando la netta convinzione della non necessità di una figura maschile, nonché paterna per la sua prole.

La famiglia rappresenta il simbolo dell’appartenenza di Ada alla sua terra natia, venendo essa a mancare il legame si spezza inevitabilmente. Il legame, come si è osservato, è precario, in quanto non caratterizzato da carica emotiva e sentimentale ma da un profondo rispetto e una sentita devozione. Tuttavia, quest’ ultime sono state per Ada, le uniche manifestazioni di affetto che abbia conosciuto, caratterizzando la sua identità, e rappresentando il simbolo dell’appartenenza Le conseguenze di questo rifiuto sono dannose per il suo essere e per il suo relazionarsi nel mondo, in quanto, si cela dentro di sé l’identità omessa La “madre patria” non rappresenta più l’appartenenza e l’origine, pertanto, l’intervistata si presenta priva di tali elementi cardine dell’identità, quest’ ultima è sospesa, sprovvista di solidi legami. Ella riconosce una nuova appartenenza, quella al luogo di destinazione, seppur in modo effimero, infatti, tale appartenenza non è totale ed è dettata proprio dal suo rifiuto dell’identità d’ origine. L’ informatore ha costruito una nuova identità creando una nuova appartenenza, ciò è stato facilitato prima dal precario legame emotivo che legava Ada alla propria famiglia, e successivamente, dalla scomparsa dei propri cari, in particolare, in seguito alla morte della madre e della nonna, rappresentando il distacco definitivo.

Il luogo d’ origine ha assunto nell’ immaginario dell’intervistata una connotazione negativa, rammentandole inesorabilmente la scomparsa dei propri cari. Simbolicamente tale luogo rappresenta, per Ada, la miseria a testimonianza del suo difficile vissuto, ed al contrario l’Italia assume per lei i significati simbolici della sopravvivenza e dello star bene, dimostrazioni di ciò che è riuscita ad ottenere come la serenità economica

Affinché un individuo possa considerarsi tale, necessita di una propria salda identità, la quale, viene a formarsi in seguito ai molteplici accadimenti che caratterizzano la vita del soggetto. Il rapporto con la terra natale è importante, in quanto, parte del trascorso di un individuo, venendo a mancare, si perde parte di sé stessi con inevitabili conseguenze nella propria visione dell’io e degli altri e influenzando le proprie interazioni.

La cultura ucraina si caratterizza per essere influenzata sia dalla cultura europea e sia da quella russa, quest’ ultima ha lasciato impronte notevoli nella storia di questo paese. Si tratta di una cultura profondamente legata alle tradizioni del passato, si rileva come sia molto importante celebrare tutte le feste religiose secondo delle modalità precise, ed altrettanta preminenza rivestono le feste di ordine politico volte a mantenere vivo il senso patriottico, soprattutto, sotto il dominio sovietico.  Il comunismo ha rappresentato per questo paese, non una semplice corrente politica ma, una vera e propria identità politica nonché sociale. L’ austerità che questo produceva ha forgiato l’essere dei suoi cittadini, abituandoli all’ omertà pur di ottenere la sopravvivenza

Molta della tipica cultura dell’Europa meridionale la si ritrova nel contesto Italico. La cultura italiana non si presenta univoca ma molteplice, come molteplici sono le micro realtà che via via si sono formate al suo interno, differenze notevoli, tra nord e sud e tra est e ovest del paese. Questo rappresenta uno dei tanti ostacoli che si incontrano nell’ imbattersi in questa cultura, infatti, non la si comprende mai fino in fondo, non la si conosce mai realmente, se non la si esplora totalmente. Si tratta di una società che tende a chiudersi verso le altre culture, non vi è ancora la consapevolezza dei benefici scaturenti dall’ interculturalità, e questo lo si evince dalle scelte politiche, a livello macro, ma anche a livello micro, nei rapporti tra le persone in cui si rilevano non poche discriminazioni.

Si evidenzia come nonostante si viva nell’ era della globalizzazione i paesi possano apparire ancora così lontani tra loro, mettendo in luce complicanze di rilievo nell’ incontro interculturale.

L’ interculturalità presenta molteplici lati oscuri proprio nel suo mettere a dura prova l’identità dell’individuo, il quale, può omettere la propria identità d’ origine, come nel caso esaminato, oppure, riuscire a mantenere le due culture vive dentro di sé in un’unica identità, dando vita ad un ibridismo.

Il dialogo tra le due culture protagoniste del caso oggetto di studio pone in rilievo le difficoltà che possono aversi; l’aprirsi ad una cultura “altra” non è mai facile per l’individuo, essere complesso e contraddittorio di per sé e molti sono i fattori influenti.

Ogni cultura presenta le proprie peculiarità e caratteristiche che vanno a riflettersi sull’ identità del singolo individuo suscitando in lui un senso d’ appartenenza, nonché, la formazione dell’identità stessa

L’ interculturalità si propone come una fonte di ricchezza, in quanto, mediante l’incontro di diverse culture, si soddisfa la propria brama di conoscenze, bisogno primario e inconscio dell’individuo, si forgia il proprio io, e infine, si arricchisce il proprio bagaglio culturale e di vita.

 

 

D’Aquanno Sara