L’imprevedibilità dell’inevitabile. Una settimana fa l’ennesimo atto di violenza ha colpito l’Europa: il punto sull’attentato di Parigi.

L’arma migliore dell’Isis? L’imprevedibilità. Sembra essere questa l’arma letale capace di mietere vittime nel territorio europeo. Un morto e cinque feriti: questo il bilancio di quanto accaduto lo scorso 12 maggio durante un apparente sabato sera qualunque nel quartiere dell’Opera Garnier, a rue Montigny, zona frequentatissima di Parigi.

Sembra un film già visto, una storia destinata a ripetersi. Un ragazzo armato di coltello (da cucina) aggredisce i passanti al grido di “Allah Akbar”. Le modalità dell’assalto ricordano quelle di altri attacchi come quello dell’ottobre scorso alla stazione Saint-Charles di Marsiglia, con l’uccisione di due ragazze e quello nella zona del Louvre nel febbraio 2017. È il secondo attentato islamista dell’era Macron, dopo quelli di Trèbes e Carcassonne di due mesi fa. In totale dal 2015 il numero delle vittime di attentati sul suolo francese è salito a quota 245.

L’attentatore si chiamava Khamzat Azimov: nato nel 1997 in Cecenia, aveva 21 anni e possedeva la doppia cittadinanza russa e francese, dopo essere stato naturalizzato nel 2010. Azimov arrivato in Francia nel 2004, è cresciuto a Strasburgo, dove ha conseguito il Diploma di Maturità per poi trasferirsi a Parigi con i suoi genitori dove studiava per diventare infermiere. Un ragazzo apparentemente non pericoloso eppure nel 2016 aveva richiamato l’attenzione dei servizi segreti francesi, guadagnandosi l’iscrizione nel cosiddetto dossier S, ossia, il database contenente tutti coloro che possono rappresentare una minaccia per il paese. Il dossier non raccoglie solo potenziali terroristi islamici, secondo gli ultimi dati rilasciati dal governo francese lo scorso novembre, su un totale di 25.000 schedati con la lettera S solo 9.700 sono potenziali terroristi islamici. In questo dossier si trovano anche attivisti di estrema sinistra, estrema destra o attivisti del black bloc, il dossier è infatti a sua volta suddiviso in diverse sottocategorie rispetto al tipo di pericolo rappresentato. Secondo gli inquirenti Azimov potrebbe aver avuto un complice, anche lui inserito nel dossier S: Abdoul Hakim A., il quale è stato arrestato domenica a Strasburgo, ed è attualmente in stato di fermo, insieme ad altri sospettati, due ragazze legate all’attentatore.

Dopo aver rivendicato l’attentato, l’agenzia di stampa Amaq ha pubblicato un video in cui l’autore dell’attacco giura fedeltà all’Isis e al suo leader Abu Bakr al-Baghdadi.  Nel filmato, di oltre 2 minuti, l’uomo a volto coperto afferma “Siete voi che avete cominciato a bombardare lo Stato Islamico e a uccidere i musulmani”. Ancora una volta ragazzi cresciuti a cavallo tra due culture si ritrovano a incanalare l’odio derivante da anni di guerre che hanno trasformato il Medio Oriente in una polveriera. Il profilo dell’attentatore così come la dinamica dell’incidente sembrano un copione già scritto eppure ciò non è bastato a prevenire simili incidenti. È proprio tale imprevedibilità a generare terror(ismo)e.

Le polemiche si sono avvicendate in questi giorni proprio su questo punto: si poteva prevedere? Molti hanno criticato l’efficacia del dossier S, primi fra tutti Marine Le Pen che con tweet ha messo in evidenzia come ancora una volta un sospettato schedato con la lettera S fosse a piede libero nel paese. Le forze dell’ordine dal canto loro si sono difesi dalle critiche sostenendo che non sussistevano prove sufficienti a giustificare lo stato di detenzione. L’inefficacia del dossier S si allaccia inevitabilmente alla tutela dei diritti umani. Porre in stato di detenzione tutti i possibili sospettati potrebbe tramutarsi in un’ inutile caccia alla streghe. In particolare, il diritto francese non permette di arrestare le persone solo perchè schedate con la lettera S. L’art. 66 della Costituzione francese afferma che nessuno può essere arbitrariamente detenuto. Solo una decisione giudiziaria può consentire la detenzione di un individuo in carcere o in un centro di detenzione e l’iscrizione nel dossier S non è opera di un giudice ma dei servizi di intelligence. La tutela della sicurezza non può avvenire a discapito dei diritti umani, un trade – off delicato ma che va mantenuto se si vuole tutelare la democrazia. Se la prevenzione di tali atti sembra ancora una sfida ardua passi in avanti si vedono in termini di reazione e capacità di risposta. Solo nove minuti sono passati tra l’allarme e l’ arrivo degli agenti che hanno ucciso l’assalitore riuscendo a limitare i danni. Lo stesso premier Edouard Philippe si è complimentato per la rapidità dell’intervento delle forze dell’ordine. Anche il presidente Macron ha reso omaggio ai poliziotti intervenuti sul luogo dell’attentato. Giovedì sera scorso i tre poliziotti protagonisti della vicenda sono infatti stati ricevuti dal Presidente della Repubblica il quale ha mostrato loro il riconoscimento per il lavoro fatto. Non solo il tempestivo intervento ma anche i continui lavori di indagine che da giorni stanno compiendo le forze dell’ordine sono il segno evidente di come si stia rafforzando la capacità di risposta rispetto a simili atti (imprevedibili). Non resta che sperare che reazione faccia rima con prevenzione.

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